L'imponente architettura
novecentesca, disegnata dall'architetto Giuseppe Castellucci di Arezzo
alla fine dell'Ottocento, nasconde l'origine medievale dell'edificio.
Infatti, la prima chiesa risale al IX secolo e subì sostanziali
rifacimenti nel Duecento. Ma la principale trasformazione dell'edificio
ecclesiastico avvenne alla metà del Seicento, quando i canonici
del Duomo decisero di ingrandirne l'aula e il presbiterio. Alcune memorie
del Settecento, in verità non confermate da documenti, tramandano
che, il 18 ottobre 1671, l'antica pieve cadde e fu allora che il Capitolo
della Prelatura dispose che fosse edificato il nuovo tempio. E' molto
probabile che la caduta dell'antica chiesa medievale fosse stata voluta dal
potente Capitolo della prepositura, che vedeva nella costruzione di una nuova
e più ampia chiesa il simbolo del suo dominio sulla Chiesa di Valdinievole.
Una tradizione storiografica ci informa che l'architetto che seguì i
lavori fu Antonio Ferri; nuove ricerche hanno invece indotto a pensare
ad un altro personaggio, il pistoiese Tommaso Ramignani.
Purtroppo per ricostruire la chiesa occorsero molti anni;
nel 1696 era conclusa e per due secoli rimase con una facciata brulla
in mattoni, dove si potevano ancora ammirare, nella parte inferiore,
indicativi resti della pieve antica.
Rimangono a testimonianza dell'età medievale gli archetti ciechi
che si trovano ai lati esterni della chiesa ed il bel leggio marmoreo collocato
sul presbiterio. Si tratta di un singolare gruppo, formato da varie componenti
dell'antico pulpito della pieve e risalente al XIII secolo. Il Duomo, all'interno,
mostra un'architettura elegante e severa: tre cappelle per parte si affacciano
sull'ampia navata coperta da una volta a vela. Importanti cornicioni, capitelli
e paraste scandiscono
un ambiente armonico solenne; belle pitture, infine, ornano i tabernacoli
di marmo variopinto. L'edificio della chiesa Cattedrale è pieno
di tradizioni e storie particolari ed è a suo modo lo specchio culturale
della città. Sulla destra, appena entrati, possiamo vedere la lapide
marmorea del pievano Rustico che morì nel 1132. Nella parte superiore è la
splendida lapide, ugualmente di marmo ad intarsio, che commemora il proposto
Lorenzo Mancini, ordinario di questa chiesa dal 15 dicembre 1704
al 7 marzo 1707.
La Cappella dei signori Raffaelli, che conserva la tela ottocentesca
di Luigi Norfini, espone un bell'apparato lapideo e in una nicchia,
a sinistra, si trova il busto di Giovanni Pacini, famoso compositore
che trascorse a Pescia gli ultimi anni della vita. La cappella successiva,
un tempo di patronato della famiglia Fiori, una delle più illustri della città, è ornata
dalla bella pittura di Marcant'Antonio Donzelli e raffigura S. Carlo
Borromeo mentre amministra il SS. Viatico agli appestati; fu commissionata
nel 1698 dal canonico Girolamo Fiori, membro della famiglia suddetta.
Nelle lunette di destra e di sinistra sono collocate due statue di
Quirino Coli, raffiguranti, la prima, a destra, S. Girolamo e la seconda
S. Giuseppe con la mazza fiorita.
La terza cappella, che la tradizione locale vuole progettata da Ferdinando
Fuga, apparteneva alla famiglia Forti, proprietaria pure del bel palazzo
che si trova nella Ruga degli Orlandi. I Forti sono l'unico casato
locale che annovera tra i suoi componenti un vescovo della sede pesciatina,
mons. Pietro Forti, che ricoprì tale carica dal 1847-1854. Il vescovo è,
dunque, ritratto a mezzo busto in una lunetta posta nella parete di sinistra
della Cappella. Il quadro sull'altare centrale è di Giuseppe Bottani,
pittore di Mantova. Il tema iconografico è la nascita della
Madonna.
Nella parete di sinistra si trova, in un'urna, una bella copia dipinta
della Madonna Salus Populi Romani che il canonico Domenico
Cherubini fece venire da Roma in occasione del giubileo del 1650.
Dopo aver osservato il pulpito del 1766 che si trova sul pilone di
destra dell'arco centrale, si entra nella zona del transetto per ammirare
la bella cappella del SS. Sacramento, ovvero la cappella dei Turini.
Il personaggio più noto della famiglia fu mons. Baldassarre che lavorò a Roma
come datario per i pontefici Leone X e Clemente VII. Il particolare mausoleo
del grande Baldassarre fu eseguito da Raffaello di Bartolomeo Sinibaldi,
detto da Montelupo, mentre il ritratto marmoreo del prelato è opera
di Pierino da Vinci, nipote di Leonardo. La singolare posizione del
datario Baldassarre ha originato diverse tradizioni locali. La leggenda
più simpatica riferisce che la posizione eretta del busto è dovuta
al "miracoloso risveglio" del Turini dalla morte proprio nell'attimo
in cui, per ordine del Principe Ferdinando, fu asportata dalla prepositura
pesciatina la tavola raffaellesca della Madonna del Baldacchino, che era
stata di sua proprietà.
Nel pavimento, al centro della cappella, si trova la tomba di monsignor
Angelo Simonetti, vescovo di Pescia dal 1908 al 1950. Al presule fu
riservato questo importante luogo per aver governato per ben 42 anni
la diocesi con amorevole zelo. I pesciatini, infatti, sono molto legati
alla memoria di questo personaggio che nella seconda guerra mondiale
fu molto vicino alla popolazione. Il suo ritratto si trova nell'ultima
cappella, dedicata oggi a S. Allucio.
Nel pavimento dell'area presbiterale si trova la meridiana voluta dal
Vescovo di Pescia Donato Maria Arcangeli (1742-1772). Un coro ligneo
settecentesco arreda lo spazio dell'abside; gli stalli capitolari furono
costruiti nell'Ottocento, mentre quelli dei cappellani risalgono agli anni
trenta del Novecento. Al centro dell'abside è collocato, in una bella
cornice marmorea, il grande quadro del pistoiese Luigi Garzi che rappresenta
l'Assunzione della Vergine. I due ceretti a terrazzino furono edificati nel
Settecento: il terrazzo di destra è quello del Vescovo, mentre
quello di sinistra espone lo stemma del Capitolo della Cattedrale. Sottostante
all'ultimo citato si trova la porta che un tempo introduceva alla scala della
Biblioteca: infatti sull'architrave è incisa la scritta «Bibliotheca
Capituli».
Sulla sinistra è la grande cattedra lignea vescovile fatta costruire
da mons. Francesco Vincenti, che fu vescovo di Pescia dal 1773 al 1803. Il
munifico prelato pensò anche ad arredare la cattedra con bellissimi
parati in broccato e in seta.
Al centro del pavimento si trova la lastra tombale del proposto Ricci,
che lasciò tremila scudi e molti legati per l'edificazione della
nuova prepositura di Pescia.
La sala della sacrestia dei cappellani è arredata con mirabili banchi
del Quattrocento. Sui primi due sportelli del bancone di sinistra si possono
ammirare gli stemmi del papa Pio II Piccolomini. La tradizione ecclesiastica
vuole questi mobili commissionati a Giovanni da Montichiello, nel 1476, dal
cardinale «Papiense» Iacopo Ammannati (1412-1476) in ricordo
degli anni che aveva trascorso a Pescia come sacerdote. E invece arredata
con banchi del 1650 la seconda sacrestia, quella dei canonici del duomo.
L'aula fu fatta costruire intorno al 1646 su disegno del pistoiese Pantaleone
Quadri; progettata per volontà del Capitolo, la sacrestia capitolare
esibisce importanti dipinti. Sulla destra si trova il ritratto di mons.
Giovanni Ricci, opera di Bartolomeo Orsi; nel centro, sopra al bancone seicentesco
che conservava le mazze dei cappellani, si trova un bel dipinto di Pompeo
Caccini rappresentante la pesca miracolosa di S. Pietro. Sulla sinistra è il
ritratto di mons. Turini, attribuito anche questo al pittore Bartolomeo
Orsi. Sulla porta d'ingresso delle sacrestie si trova un bel dipinto
che rappresenta il Martirio di S. Lorenzo, opera della fine del Cinquecento.
L'acquasantiera che è collocata vicino alla porta, con il putto che
regge il catino, è opera del secolo XVII.
Rientrati nella grande navata, sulla destra per chi guarda la porta
principale della chiesa, si trovano ugualmente tre cappelle: la prima,
dedicata
a S. Lorenzo, era di patronato della famiglia Cecchi. Attribuita alla mano
prestigiosa di Andrea Pozzo, presenta sull'altare, la magnifica tela di Anton
Domenico Gabbiani, mentre ai lati sono collocate le tombe murali, con sarcofagi
a mensola e busti, di Stefano e Giovan Battista Cecchi, entrambi
canonici proposti di Pescia nel Seicento. La tela che orna la volta superiore è sempre
di Anton Domenico Gabbiani.
La seconda cappella, dedicata alla Madonna del Santo Rosario, in quanto
sede religiosa della Compagnia del Rosario, fu realizzata alla fine del Seicento,
mentre l'altare fu costruito nei primi anni del secolo successivo, quando
fu posta nell'edicola la grande tela di Antonio Franchi da Villa Basilica.
Questa presenta una conformazione pittorica particolare, perché nella
parte inferiore si intravede, dietro la figura del bell'angelo con il
Rosario, una valle che ricorda la Valdinievole; in alto, alle spalle della
Madonna che porge il Rosario a S. Domenico, sono raffigurate S. Dorotea,
patrona di Pescia e Santa Caterina di Alessandria. In questa cappella, nel
1795, fu posta la cassa che conteneva i resti mortali di S. Allucio. La terza
cappella, un tempo sede del Battistero, è oggi dedicata a Sant'Allucio;
sull'altare è posta una tela di Romano Stefanelli, eseguita nel 1985
per volontà di Monsignor Giovanni Bianchi (vescovo di Pescia dal 1977
al 1994) Nella cappella feriale, anticamente sede della compagnia, è collocato
il fonte battesimale cinquecentesco, sopra il quale si trova il
quadro attribuito ad Alessandro Bardelli, mentre nell'area presbiterale è il
bel crocefisso cinquecentesco che i canonici del Duomo esponevano nelle
funzioni liturgiche del Venerdì santo. Nella navata della cappella,
come sotto l'altare maggiore, si trovano due resti lapidei della pieve
di S. Maria di Pescia. Si suppone che queste due sculture del XIII-XIV
secolo avessero fatto parte dell'arredo fisso della facciata e che
fossero situate nello spazio superiore delle porte d'ingresso.
Il campanile, caratterizzato dalla grande apertura
al piano terra, è forse
di origine alto medievale; fu ricostruito nel Trecento e nel 1776 fu
realizzato il cupolino dall'allora vescovo, Donato Maria Arcangeli.
Oltrepassato l'arco del campanile, si accede al chiostro del Palazzo
Vescovile. Ricostruito in epoche diverse, il palazzo dei Vescovi
di Pescia è caratterizzato
dall'altana che, nella seconda metà del Settecento, mons. Arcangeli
adibì ad
osservatorio astronomico. All'interno del palazzo si trova la Cappella
Vescovile, ornata da un bellissimo trittico robbiano, situato originariamente
nella cappella di S. Biagio in Piazza Grande. Interessanti sono le «Sale
Rosse», ornate da bei dipinti del XVI-XVII secolo e da mobili
ottocenteschi che furono fatti fabbricare da alcuni vescovi, come mons.
Pietro Forti
Tratto da "Pescia dentro e fuori piazza"
di P. Vitali