Sant' Eusebio di Vercelli Vescovo Memoria Facoltativa |
Sardegna, inizio IV secolo - Vercelli, 1 agosto 371/372 Il primo vescovo del Piemonte nacque in Sardegna tra la fine del III e l'inizio del IV secolo. Durante gli studi ecclesiastici a Roma si fece apprezzare da papa Giulio I che verso il 345 lo nominò vescovo di Vercelli. Qui stabilì per sé e per i suoi preti l'obbligo della vita in comune, collegando l'evangelizzazione con lo stile monastico. I vercellesi vennero conquistati dalla sua arte oratoria: non solo parlava bene, ma esprimeva ciò che sentiva dentro. Si attirò così l'ostilità degli ariani e dello stesso imperatore Costanzo che lo mandò in esilio in Asia insieme a Dionigi, vescovo di Milano. Venne torturato, soffrì la fame, ma nel 362 ebbe finalmente la fortuna di ritornare a Vercelli. Riprese l'evangelizzazione delle campagne, istituendo la diocesi di Tortona. Ma si spinse anche in Gallia, insediando un vescovo a Embrun. La tradizione lo considera anche fondatore di due noti santuari: quello di Oropa (Biella) e di Crea (Alessandria). Nel 371 la morte lo colse nella sua città episcopale, che ne custodisce tuttora le reliquie nel Duomo. (Avvenire) Patronato: Vercelli, Regione Pastorale Piemontese Etimologia: Eusebio = uomo pio, timorato di Dio, dal greco Emblema: Bastone pastorale, Mitra Martirologio Romano: Sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli, che consolidò la Chiesa in tutta la regione subalpina e per aver confessato la fede di Nicea fu relegato dall’imperatore Costanzo a Scitopoli e poi in Cappadocia e nella Tebaide. Ritornato otto anni più tardi nella sua sede, si adoperò strenuamente per ristabilire la fede contro l’eresia ariana. |
Arriva in gioventù dalla nativa Sardegna a Roma, segue gli studi ecclesiastici e si fa apprezzare da papa Giulio I, che verso il 345 lo nomina vescovo di Vercelli: è il primo vescovo del Piemonte. Qui stabilisce per sé e per i suoi preti l’obbligo della vita in comune, collegando l’evangelizzazione con lo stile monastico. Ora i cristiani, non più perseguitati, cominciano a litigare tra loro: da una parte, quelli che seguono la dottrina del concilio di Nicea (325) sul Figlio di Dio, "generato, non creato, della stessa sostanza del Padre"; dall’altra, i seguaci dell’arianesimo, che nel Figlio vede una creatura, per quanto eminente. Con l’appoggio della corte imperiale, gli ariani hanno il sopravvento in molte regioni, e faranno esiliare per cinque volte il più energico sostenitore della dottrina nicena: Atanasio, vescovo di Alessandria d’Egitto, ammirato da Eusebio che l’ha conosciuto a Roma.
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