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LA CHIESA DI DIO

S. Zozimo   26/12/2024

 

S. Zozimo

 

Grecia, IV sec. - Roma, 26 dicembre 418

(Papa dal 18/03/417 al 26/12/418)
Greco di nascita, il suo pur breve pontificato fu caratterizzato da gravi conflitti con i vescovi della Gallia e quelli africani.


Martirologio Romano: A Roma sulla via Tiburtina presso San Lorenzo, deposizione di san Zosimo, papa.


Zosimo era un prete romano al tempo del pontificato di s. Innocenzo I (401-417), greco di nascita, forse discendente da famiglia giudaica, visto che il padre si chiamava Abramo; fu eletto come successore di papa Innocenzo e consacrato il 18 marzo 417.
Il suo fu un breve pontificato, infatti morì il 26 dicembre 418, quindi nemmeno due anni, ed a causa del suo carattere impulsivo, precipitoso e della scarsa conoscenza della Chiesa Occidentale, ebbe quasi solo insuccessi.
Già quattro giorni dopo la sua elezione, si lasciò convincere dall’ambizioso vescovo di Arles Patroclo, il quale aveva occupata quella sede episcopale nel 411, con il favore di patrizi locali, estromettendone il vescovo Erote, di elevare la sede episcopale di Arles ad una specie di supermetropoli, facendosi per questo assegnare dal papa i diritti metropolitani su altre province della Gallia, come Vienne, Narbona, Marsiglia, Lione, con la scaltra scusa espressa da Patroclo, che Arles era stata la Chiesa madre della Gallia.
Papa Zosimo quindi scrisse una lettera a tutti i vescovi della Gallia e delle sette province coinvolte, ribadendo la tesi di Patroclo, il quale avrebbe avuto il diritto fra l’altro di ordinare i vescovi di dette province.
Ciò suscitò l’indignazione dei vescovi interessati, i quali vedevano annullarsi quelle prerogative indipendenti, decretate a loro favore nel Concilio di Torino di pochi anni prima, ci fu chi rassegnato si sottomise e chi continuò nei suoi diritti, come il santo vescovo di Marsiglia Proculo, il quale per punizione fu deposto, ma la repentina morte di Zosimo, sospese queste disposizioni, che portarono solo confusione nella Chiesa della futura Francia, poi riaggiustate dal suo successore s. Bonifacio I (418-422).
Altro grave problema in cui si venne a trovare papa Zosimo fu l’eresia pelagiana, proposta dal monaco britannico Pelagio (360-422), già condannata dal suo predecessore Innocenzo I il 27 gennaio 417 e dai Concili di Cartagine del 411 e 416 e quella più estrema dell’eretico pelagiano il sacerdote Celestio († 431 ca.) dello stesso periodo; egli credette alle tesi difensive espresse dai fautori di Pelagio e da Celestio in persona e rimproverò i vescovi africani, per la troppa fretta avuta nel condannare le due correnti considerate eretiche, ma nel contempo non assolse, con una sentenza che sarebbe stata altrettanto frettolosa, i due eretici.
I vescovi dell’Africa non condivisero il giudizio del papa, instaurando una controversia con Roma, perché Zosimo fu ritenuto troppo credulo, delle assicurazioni fatte da Pelagio e Celestio, riguardo l’ortodossia della fede.
Ad ogni modo nell’inverno del 417-418 papa Zosimo era ritornato sulle posizioni della sentenza di papa Innocenzo I; il 1° maggio 418 si riunì a Cartagine un altro Concilio generale con 214 vescovi africani, dove si esaminò ampiamente la dottrina cattolica sull’argomento del peccato originale e la necessità della grazia, oggetto delle eresie.
Papa Zosimo nel giugno-luglio 418, redasse un importante documento di condanna del pelagianesimo, la “Epistula Tractoria”, indirizzata alle principali Chiese d’Oriente e dell’Occidente. L’Epistola fu bene accolta ma non mancarono chi si oppose, come diciotto vescovi italiani, che rifiutarono di sottoscrivere la condanna di Pelagio e Celestio e quindi vennero scomunicati e deposti.
Il suo forte temperamento lo fece trovare in lotta ideologica per altre questioni, con i vescovi dell’Africa, allora numerosi e potenti, che non tolleravano le ingerenze di Roma in questioni giudicate preminentemente di loro competenza.
Negli ultimi mesi di vita, vide sorgere anche a Roma una opposizione contro di lui, al punto che si rivolse per lamentarsene, alla corte di Ravenna, si accingeva a lottare contro questo gruppo, quando si ammalò, morendo il 26 dicembre 418 e venendo sepolto nella basilica di S. Lorenzo sulla via Tiburtina.
Moralissimo ed integerrimo, prescrisse che i figli illegittimi non potessero essere ordinati sacerdoti.


Autore:
Antonio Borrelli