La ‘Vita’ di questa santa del tempo di Diocleziano, risente di tutta l’influenza che hanno avuto nei secoli successivi le narrazioni della vita e martirio dei tanti santi dei primi tempi del Cristianesimo. Una parte storica, una parte leggendaria, una parte per tradizione. Anastasia figlia di Pretestato e moglie di Publio era tutta dedita all’assistenza dei cristiani di Roma, a cui una legge iniqua, vietava di svolgere qualunque mestiere. Il marito contrarissimo puniva con crudeltà ogni sua disubbidienza, era confortata comunque dai consigli di s. Crisogono, anch’egli perseguitato e incarcerato. Morto il marito, poté più liberamente esercitare la sua carità cristiana. Il suo consigliere Crisogono fu trasferito ad Aquileia alla corte imperiale, Anastasia lo accompagnò nel viaggio da Roma e assistette all’interrogatorio e poi alla sua decapitazione, il corpo fu abbandonato presso l’abitazione delle tre sorelle cristiane Agape, Chionia, Irene, le quali con l’aiuto del santo prete Zoilo, gli diedero sepoltura e per questo furono arrestati tutti. Poi Diocleziano partì per la Macedonia portando con sé tutti i cristiani imprigionati e con essi anche Anastasia; dalla Macedonia si spostò verso Sirmio nell’Illiria, qui gli furono denunciati come cristiani fuggiaschi, la matrona Teodota e i suoi tre figli, che fece incarcerare. L’interesse che Anastasia aveva per la sorte dei quattro, insospettì i pagani che la denunciarono al prefetto Probo; questi dopo interrogatori e vani tentativi di farle abiurare la fede cristiana, la tenne ai ceppi per un mese e poi l’imbarcò sopra un naviglio forato, insieme ad altri cristiani e delinquenti e avviati in mare aperto per farli naufragare e morire. Ma questi scampati miracolosamente alla tempesta, sbarcarono a Palmaria, dove di nuovo presi fu loro offerta la libertà in cambio dell’onore agli dei, ma dietro il loro ennesimo rifiuto furono tutti trucidati, mentre Anastasia fu arsa viva. Le sue ceneri furono raccolte da una donna di nome Apollonia che le depositò in una piccola chiesa nel suo giardino. Nonostante che questa ‘passio’ sia priva di valore, è certo che il culto per una s. Anastasia martire a Sirmio è antichissimo e si diffuse poi a Costantinopoli e a Roma. A Sirmio le sue reliquie furono venerate fino al 460 circa, quando poi il patriarca Gennadio le fece trasferire a Costantinopoli nella chiesa che poi da lei prese il nome; a Roma sin dal sec. IV esisteva una chiesa titolare, già a lei intestata in pieno centro delle memorie pagane (Circo Massimo, Palatino). Agli inizi del sec. VI il nome della martire romana Anastasia fu inserito nel Canone della celebrazione della Messa, la festa era al 25 dicembre. Sin dai tempi di s. Gregorio Magno (590-604) nella chiesa del suo “titolo” si celebravano le tre Messe natalizie e la seconda era già dedicata alla santa e celebrata dal papa in persona; oggi la celebrazione è ridotta ad una memoria nella seconda Messa detta in Aurora, data la solennità del Natale. E’ raffigurata senza particolari attributi fra le vergini in corteo nella chiesa di s. Apollinare Nuovo, presente anche nella porta di bronzo di s. Marco a Venezia, nella cattedrale di Zara, nell’abbazia di Benediktbeuren. Nell’antichità le furono dedicate varie chiese fra cui quella di Verona e l’altra antichissima e importantissima per l’aspetto storico e archeologico a Roma, già citata, la quale nel secolo VII era già elencata come la terza chiesa più importante dopo il Laterano e s. Maria Maggiore.
Autore: Antonio Borrelli
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